L'Opera del mese - dicembre 2022

Ferruccio Ferrazzi
(Roma 1891 - 1978)
Frammento di composizione, 1920-1921
olio su tela, cm 94 x 73,5
Inv. AM 23

Frammento di composizione (particolare)

L’#operadelmese di dicembre è Frammento di composizione, olio su tela del pittore romano Ferruccio Ferrazzi. Come suggerisce il titolo, questo dipinto è un "frammento" di una composizione più vasta, in particolare la seconda di tre versioni del dipinto Vita Gaia, complessa scena con figure nude e vestite in un interno domestico, rielaborato più volte da Ferrazzi tra il 1921 e il 1923 per raffigurare le età della donna. Sempre insoddisfatto della composizione, ritenuta non abbastanza unitaria ed omogenea, Ferrazzi lavorò infatti separatamente le varie parti del dipinto e di ognuna produsse più versioni.
 
In questo luminoso ritratto femminile di gruppo, la donna in primo piano, di spalle, circondata da un drappo bianco, volge lo sguardo verso l'oggetto che tiene nella mano destra, verosimilmente un cristallo poliedrico; di fronte a lei un'altra donna, parzialmente coperta, osserva assorta la propria immagine nitidamente riflessa in uno specchio, mentre si adorna di una collana; una terza figura, dai capelli rossi, in piedi sullo sfondo, regge lo specchio e acconcia una piuma tra i capelli della seconda donna. La triangolazione degli sguardi e l’intreccio dei gesti creano un'enigmatica, intima circolarità, confermata dal sapiente ritmo del disegno e dall’opulenza dei colori, dominati dagli azzurri e dalle tinte rosa-rosso-viola. Solo l’immagine riflessa sembra stabilire un’interazione fra le donne, restituendo peraltro un ritratto ora reale ora, per certi aspetti, incoerente e immaginato.
 
I nudi delle donne rimandano all'Antico e alla tradizione del classicismo accademico (rievocando in particolare i temi tradizionali di Venere e Susanna), ma anche alle bagnanti dell’ultimo Renoir. Lo specchio, già utilizzato da artisti come Tiziano ed Ingres, Savoldo e Velázquez, è elemento dal carattere fortemente allegorico, ed è ricorrente nella produzione coeva di Ferrazzi, uomo di vasta cultura artistica, introdotto giovanissimo alla pittura dal padre e dal fratello Riccardo, entrambi artisti. Questo oggetto, come anche la nudità, alludono alla conoscenza totale di sé stessi e della realtà oltre ogni finzione, inganno e reticenza. Non a caso, a proposito della ricca simbologia dello specchio e del prisma, sono stati evocati riferimenti al tema rinascimentale della Vanitas, alla trattatistica di Leonardo da Vinci e alla Teosofia. Un dipinto che resta però di complessa interpretazione.
 
L’opera venne acquistata dal Comune di Roma nel 1923 in occasione della II Biennale Romana, nella quale Ferrazzi espose ben venticinque lavori tra dipinti, disegni e sculture, a testimonianza di una carriera già solida che, dopo la formazione accademica e una stagione futurista e secessionista, approdava negli anni Venti a una ricercata pittura “neoclassica” venata di suggestivi simbolismi.

 

Per tornare alla rubrica > L'opera del mese della Galleria d'Arte Moderna